Tokyo Love Hotel recensione film di Ryūichi Hiroki con Shōta Sometani, Atsuko Maeda, Eun-woo Lee, Kaho Minami, Aoba Kawai, Asuka Hinoi e Miwako Wagatsuma
Intelligente e arguto spaccato della società moderna giapponese, Tokyo Love Hotel (titolo originale Sayonara Kabukichô), porta lo spettatore a fare un giro a Kabukichô, vivo quartiere a luci rosse di Tokyo. Lo fa attraverso le storie di personaggi molto diversi tra di loro ma che nell’arco di una giornata sembrano piano piano intrecciarsi.
Tutti, perlomeno, gravitano intorno, o meglio dire dentro, l’Hotel Atlas, scadente albergo a ore in quel di Shinjuku.
Dopo aver esordito come regista con i cosiddetti pinku eiga, genere cinematografico giapponese di contenuto erotico softcore, Ryūichi Hiroki si affaccia al cinema mainstream con pellicole che trattano problematiche della società giapponese. Tokyo Love Hotel ne è un esempio. In un solo film troviamo tematiche come la mercificazione del corpo della donna, il rapporto complesso con la sessualità fino ad arrivare al difficile problema dell’immigrazione, che si è acutizzato con che la chiusura xenofoba del Giappone post-tsunami 2011.
Non esistono dei veri e propri protagonisti in questo film, poiché tutti raccontano una storia, la loro storia. Toru, sicuramente uno dei personaggi principali interpretato dal talentoso Shōta Sometani vincitore del premio Mastroianni nel 2011, è un normale ragazzo che sta passando un periodo di alienazione a causa del suo lavoro, essendo stato licenziato da un hotel di lusso a cinque stelle. Il suo orgoglio ferito per essere sceso così in basso nella sua carriera, lo appiattisce e per questo decide di non dire a nessuno che il suo nuovo posto di lavoro è un dozzinale albergo. Vive con la sua ragazza, Saya, interpretata da Atsuko Maeda, la quale aspira a diventare una cantante famosa ancora indecisa se come solista o con il suo gruppo.
In una notte, Toru è testimone del degrado dell’umanità mostrato senza mezzi termini dal regista giapponese attraverso differenti storie, che si svolgono all’interno dell’hotel. Non solo viene a sapere che sua sorella Miyu (Asuka Hinoi) sta girando un porno in una delle tante stanze, ma scopre anche che la sua ragazza è impegnata in un’altra camera a “guadagnarsi” il suo contratto discografico con un produttore. Entrambe quindi, sono disposte a vendere il loro corpo in cambio di successo e denaro. La prima perché non è disposta a fare una vita umile e preferisce i soldi facili da AV idol, ovvero attrice porno, e la seconda per avidità di fama. Non sono le uniche però a celare dei segreti.
C’è la inserviente Satomi (Kaho Minami), che nasconde il suo compagno Yasuo (Yutaka Matsushige) alle forze dell’ordine, aspettando che il crimine commesso insieme cada in prescrizione nel giro di 30 ore.
C’è la escort Heya (Lee Eun-woo), sudcoreana a cui è scaduto il permesso di soggiorno, che nasconde al suo fidanzato Chong-su (Son Il-kwon) il suo vero lavoro affermando di essere una hostess.
C’è l’adolescente Hinako (Miwako Wagatsuma), scappata via di casa, che finisce nelle grinfie di Masaya (Shūgo Oshinari), un finto talent scout che vuole solo farla entrare nel giro della prostituzione.
C’è la detective Rikako (Aoba Kawai), che affitta una camera per tradire suo marito con il collega Shinjo (Tomu Miyazaki), ma nemmeno lei è un esempio di correttezza.
Alla fine, uno sconcertato e inerme Toru, decide di reagire, di meritarsi qualcosa in più. Lui non può contribuire, come gli altri non curanti fanno invece, alla degenerazione della società e dei valori.
E sulle note dell’ukulele della bellissima musica di Ayano Tsuji, si allontana dal vecchio hotel con la speranza che ci sia qualcosa di meglio che l’aspetta.
Arianna