La vera storia della pattinatrice più odiata negli Stati Uniti, Tonya Harding, è magistralmente interpretata da Margot Robbie e diretta da Craig Gillespie.
È il ritratto di una adorabile perdente che ha sempre lottato contro un ambiente ostile: una madre manipolatrice e sadica, un marito violento e squilibrato e le oscillazioni sportive che la portarono più volte dalla fama alla derisione pubblica e viceversa.
Tonya, famosa per la sua irruenza e la sua competitività, è stata una delle prime donne ad eseguire un triplo axel in una competizione ma tutti la ricordano per lo scandalo che ha messo fine alla sua carriera: l’aggressione subita dalla sua rivale Nancy Kerrigan, ufficialmente orchestrata dall’ex marito della Harding nel 1994.
Lo scandalo irrompe nella vita di Tonya e tutto crolla. Tutto cambia, anche il suo pubblico.
Il regista sceglie la struttura del “falso documentale”, mescolando quello che è successo con “presunte interviste” ai protagonisti, ottenendo un risultato rapido e divertente. Oltre alla magnifica interpretazione di Margot Robbie (da volgare adolescente a moglie maltrattata) troviamo la perfetta Allison Janney (Oscar come attrice non protagonista) nel ruolo della dura e crudele madre.
Il film ricrea alla perfezione gli anni ’80 e ’90 con un’ottima colonna sonora e nei titoli di coda finali possiamo vedere pattinare la vera Tonya e alcuni flash di interviste con i veri protagonisti della storia.
“Tonya” non vuole scagionare la sua protagonista ma migliorare l’immagine che il pubblico ha di lei e della vita miserabile che aveva: dagli abusi fisici e psicologici al disprezzo che ha ricevuto dal mondo del pattinaggio artistico che la considerava troppo povera e volgare.
Lo sfruttamento mediatico a cui è stata sottoposta da un pubblico affamato di furia sensazionalista l’ha prima esaltata e poi demolita; perché in fondo il mondo ha bisogno di persone da amare e da odiare, d’altronde questa è una società che crea miti per poi distruggerli.
Gabriela