Tre piani recensione film di e con Nanni Moretti, Margherita Buy, Riccardo Scamarcio, Alba Rohrwacher, Adriano Giannini e Denise Tantucci
Nanni Moretti è diventato un boomer?
La nemmeno troppo infondata provocazione l’ha lanciata Le Monde, che nella sua recensione di Tre piani, il film di Nanni Moretti presentato al 74esimo Festival di Cannes (cineasta italiano amatissimo Oltralpe, forse ancor più che in Italia) si chiede ironicamente come si dica “OK boomer” in italiano. Dietro i proclama di parte della stampa amica che insiste sugli undici minuti di applausi c’è di fatto un film che non è piaciuto sia alla stampa internazionale sia a una bella fetta di quella nostrana.
Tratto dall’omonimo romanzo dell’israeliano Eshkol Nevo, Tre piani si porta dietro un certo conservatorismo sistemico della sua ambientazione originaria che fatica a scrollarsi di dosso, poco in sintonia con il contesto italiano in cui è ambientato. Al centro del film ci sono gli abitanti di un condominio a tre piani, spesso dimentichi “della realtà là fuori”, nel loro incrociarsi e scontrarsi in una reticolo di drammi personali e relazioni interpersonali.
Nanni Moretti è un giudice sentimentalmente arido che vorrebbe tagliare totalmente i rapporti con il figlio piantagrane, Riccardo Scamarcio un padre di famiglia ossessionato da un vicino di casa di cui sospetta che abbia abusato della figlioletta, Alba Rohrwacher una neomamma sola che teme di scivolare nella follia dopo la gravidanza, come successo alla madre. Apportando due salti temporali da un quinquennio ciascuno, il film mostra l’evoluzione delle storie e del loro continuo intrecciarsi.
Donne deboli, giovani pericolosi
Forse avevamo già fatto pace da tempo con il fatto che Moretti si sia irrigidito in una posizione tra il burbero e il solonico, già rintracciabile nel lodatissimo Mia madre. La verve e l’umorismo di un tempo sono perduti e questo si può accettare: invecchiare può essere disperante per tutti, anche per chi è privo dell’acume e della vena polemica di Moretti.
Quello che invece è preoccupante è quanto questo film ben s’inserisca in un certo tardo cinema italiano tutto fatto di morali e lezioncine che si fanno passare sotto traccia, senza nemmeno il coraggio di alzarsi e dichiarare chiaramente il proprio conservatorismo.
Lo shock di chi con il mito di Moretti è nato e cresciuto è del tutto comprensibile di fronte a una pellicola popolata di mogli talari, madri spaventate o ninfette insicure, affiancate da uomini che non esitano a dire loro “devi scegliere tra tuo figlio e meno“. Il tutto in una cornice registica che non sembra riconoscere la drammaticità della situazione. L’angoscia che suscita la gioventù al realizzatore lascia sgomenti: il personaggio “problematico” del figlio di Moretti in particolare è autore di una serie di nefandezze (e di scene involontariamente ridicole) che il film piazza sul tavolo sin sull’apertura, impegnatissimo a costruirgli un bersaglio sulla schiena più che a interrogarsi sul perché di tali comportamenti.
Il sesso come soggetto neutro
Ancor più disturbante è come Tre piani non commenti mai il personaggio di Riccardo Scamarcio, che prima accusa un uomo di essere un pedofilo e poi ricade in una situazione quantomeno grigia nello stesso territorio. Il tutto senza che la pellicola mostri alcuna empatia se non per lui, reo di dover sostenere un processo in merito. Un film può anche scegliere di glissare sulla politica, ma nel 2021 un rapporto sessuale presentato con questo grado di ambiguità non può essere trattato come un soggetto neutro, nemmeno in Italia, almeno non da uno con i trascorsi di Moretti.
È necessario soffermarsi sui contenuti “sociali” del film, perché quelli cinematografici sono così scarni, così desolanti. La regia è stanca come lo sguardo di Moretti e non aiuta nessuno degli interpreti, che tirano fuori performance tra il mediocre e il terribile. Lo stesso Moretti pronuncia le sue battute con una cadenza da messaggio sulla segreteria telefonica.
Tre piani è un brutto film dalla forma davvero poco riuscita. Il dettaglio desolante è che non spiccherebbe nemmeno come particolarmente brutto nel panorama di un certo cinema italiano. Agghiacciante invece è constatare ciò che Nanni Moretti sembra volerci suggerire sui rapporti personali e sulla contemporaneità, qualcosa che da lui davvero non ci si aspettava mai di sentire. La maturità gioca brutti scherzi, nella speranza che sia solo questo: uno scherzo non riuscitissimo, a cui rimediare presto.