Tredici recensione quarta stagione serie TV Netflix creata da Brian Yorkey con Dylan Minnette, Katherine Langford, Alisha Boe e Christian Navarro
È tempo di dire addio alla Liberty High, a Clay e ai suoi amici. Affrontare una nuova stagione è sempre difficile, sia per chi la realizza che per chi la segue; a maggior ragione se la stagione è quella finale per Tredici.
Dopo una bellissima prima stagione che ci aveva conquistato – suscitando per di più diverse controversie per il fatto di aver affrontato argomenti come il suicidio adolescenziale, il bullismo o l’abuso sessuale – ed una seconda abbastanza valida, dalla terza stagione Tredici ha iniziato a perdere il suo abbrivio con un approccio sempre meno interessante fino ad arrivare alla quarta (già disponibile su Netflix) in cui le trame precipitano senza raggiungere il grado di profondità immaginato ed atteso.
Uno dei motivi è che questa ultima stagione è irregolare, affronta troppi temi in soli dieci episodi ed il risultato è una mancanza di pathos con i personaggi ed una narrazione senza quell’impatto emotivo che avevamo trovato all’inizio della serie.
Le prime puntate si concentrano molto su Clay e sulla sua sofferenza. La pressione di mantenere un segreto lo colpisce in diversi modi: presenta comportamenti autolesionistici, soffre di disturbi d’ansia, episodi di paranoia, allucinazioni, attacchi di panico attraversando una profonda depressione derivata da una bassa autostima. Il modo di affrontare tutto ciò è, tuttavia, abbastanza estremo perché sebbene Clay abbia sempre dimostrato di avere una prodigiosa immaginazione dialogando con la defunta Hannah Baker, ora i “fantasmi” e i suoi incubi con Bryce e Monty si materializzano eccessivamente, spezzando molto il tono che la serie aveva sin qui mantenuto.
Troviamo dialoghi enigmatici, mancanza di fiducia tra i personaggi e, in generale, un approccio deprimente nell’ultimo anno del liceo. Tutto si rivela triste in questa stagione, il che lascia poco spazio alla speranza, soltanto verso la fine il messaggio si concentra sull’amicizia e che è possibile perdonare le persone che ci hanno fatto del male in passato. Della serie… domani è un altro giorno e andrà tutto bene.
Onestamente spiace che abbiano dilatato l’idea originale di Jay Asher e ingarbugliato una trama quasi perfetta che affrontava problematiche e conflitti adolescenziali, che mirava a mettere in comunicazione il pubblico adulto con i propri figli per discutere ed affrontare gli interessanti temi offerti dalla serie.
Purtroppo, poco a poco, abbiamo perso l’empatia che avevamo con i protagonisti e che ci coinvolgevano in prima persona mentre ascoltavamo le cassette registrate da Hannah. Le ultime due stagioni sono un groviglio di segreti, bugie e paranoie mentre la sceneggiatura ed i personaggi risultano sproporzionati e tolgono coerenza ad una storia che si mostra debole e poco stimolante.
Se la terza stagione era inutile, la quarta si dimostra senza senso, con un finale assai poco interessante, lasciando trapelare, sempre più chiaramente, che con la prima stagione – forse anche con la seconda – Tredici doveva chiudere definitivamente i battenti.
L’ennesima riprova che bisogna capire quando è il momento di fermarsi: l’accanimento terapeutico non giova a nessuno, tanto meno allo share.