Tutti per 1 – 1 per tutti recensione film di Giovanni Veronesi con Pierfrancesco Favino, Valerio Mastandrea, Margherita Buy, Rocco Papaleo, Giulia Michelini, Guido Caprino e Anna Ferzetti
In Tutti per 1 – 1 per tutti la regina Anna (Margherita Buy), nonostante si renda conto dei loro acciacchi, decide di affidare agli anziani tre moschettieri rimasti (Pierfrancesco Favino, Valerio Mastandrea, Rocco Papaleo) un’ultima missione: affiancati dalla veggente Tomtom (Giulia Michelini), dovranno scortare la piccola principessa Ginevra (Sara Ciocca).
Era appena un anno fa quando Giovanni Veronesi decise di travolgere un cinema italiano popolare in debito perenne di ossigeno girando un feuilleton in costume, seguendo la moda dei cinecomics ma variando con intelligenza sul tema, prendendo quindi in prestito un romanzo più che celebre ma pieno di suggestioni attuali come quello di Dumas. Ma soprattutto, puntando tutto sulla forza dei suoi interpreti: infatti Moschettieri del re – La penultima missione si portò a casa quattro candidature ai Nastri d’Argento, una candidatura ai David di Donatello e 5,2 milioni di euro al box office. Smentendo chi credeva che un cinema così fastoso nella concezione produttiva nella nostra Penisola non fosse possibile, il buon Giovanni ha portato alla luce una sorta di vena d’oro: mettendo a buon frutto la lezione di quei cinecomics di sopra, che flirtano con la serialità televisiva mentre portano sul grande schermo una macrostoria divisa in tanti capitoli, facendo leva sull’affezione del pubblico in un cinema ri-trovato come rito collettivo.
Probabilmente perfetto per un utilizzo casalingo (il film sarà disponibile in streaming il 25 dicembre 2020, primo film di Sky Original), anche Tutti per 1 – 1 per tutti punta molto sull’estro di un cast nutrito fin dai tre protagonisti: e se nel film precedente il D’Artagnan di Favino svettava su tutti, qui Mastandrea e Papaleo sembrano prendere la rincorsa per affiancarlo in una storia corale anche nella recitazione. È quindi ancora una volta, e sempre di più, nel calembour lessicale che Tutti per 1 – 1 per tutti ritrova la sua cifra comica, in un primo capitolo per la verità un po’ appannata: le interazioni verbali della sceneggiatura dello stesso Veronesi e di Nicola Baldoni sono congegnate per incastrarsi alla perfezione con quell’improvvisazione che sembra prorompente in alcune delle sequenze più riuscite, senza dimenticare stavolta la storia che ha pure una sua compiutezza in sé. Risultato ottenuto probabilmente deviando quasi radicalmente dalla traccia di Dumas, per scorrazzare anarchicamente in un territorio che Giovanni conosce bene – la commedia pura – , eliminando quelle forzature e quei raccordi di trama che stonavano e sfiatavano il ritmo.
Arrivando ad azzardare una somiglianza con L’armata Brancaleone, capolavoro irraggiungibile che fondava la sua bellezza su una creatività linguistica che passava dai dialoghi alle canzoni, il diciottesimo film del regista sembra trovare il suo equilibrio in una sorta di grammelot narrativo che va di pari passo con il pastiche di spagnolo, italiano e francese parlato da Favino, che si lancia in incandescenti duelli comici con Mastandrea.
Il merito più grande del film è comunque non solo quello di miscelare vari ingredienti (la commedia, la farsa in costume, i dialetti, l’immaginario pop tra passato, presente e futuro) ma soprattutto di saper prestare la cifra autoriale di Veronesi in scenari non propriamente suoi, utilizzando quello che del suo universo serve di più: ovvero, la sensibilità e il gusto che non sbracano mai in soluzioni raffazzonate e che spesso sfumano in una malinconica rassegnazione esistenziale, la leggerezza compositiva e la scorrevolezza narrativa.
Finale che guarda al Butch Cassidy di Roy Hill per rimanere più che aperto.
Resta sempre da capire perché usare così poco un asso come la Buy, straordinaria anche quando fuori ruolo; così come resta un po’ un’incognita la cornice propriamente narrativa nella quale si inseriscono le disavventure dei tre moschettieri straccioni, restando il dubbio sul perché di quegli insert stranianti ambientati in un presente un po’ inutile.