Twisters recensione film di Lee Isaac Chung con Glen Powell, Daisy Edgar-Jones, Anthony Ramos [Anteprima]
I revival di film o saghe degli anni Ottanta sono ormai la norma nella Hollywood mainstream. Il livello di sfruttamento è tale che ormai stanno finendo i titoli cui rivolgersi, costringendo i produttori a puntare sul decennio successivo. Tra i titoli anni Novanta sfruttati finora ricordiamo Jurassic Park, Men in black, Independence Day e Space Jam.
Ecco quindi arrivare Twisters, seguito di Twister, film diretto da Jan de Bont nel 1996. Se la scelta di sostituire il classico 2 con la pluralizzazione del titolo dell’originale non può non far pensare a Aliens di James Cameron, la realizzazione ricorda più Space Jam: New Legends. Un seguito che rinnova completamente il cast (anche se almeno Space Jam conservava i Looney Tunes) e non cita mai direttamente gli avvenimenti del predecessore, generando il dubbio che possa trattarsi più di un remake non ufficiale che di un vero e proprio seguito.
Protagonista della storia è Kate (Daisy Edgar-Jones) giovane appassionata di tornado che cinque anni prima ha perso tre amici durante un tentativo fallito di trovare un modo per bloccare l’avanzata del fenomeno metereologico. A richiamarla all’azione è Javi (Anthony Ramos) unico altro sopravvissuto a quella tragedia, che ora sta studiando i tornado insieme a un’azienda privata per capire come prevenirli.
Durante la loro ricerca incrociano Tyler Owens (Glen Powell) eccentrico youtuber che con la propria crew si diverte a realizzare video in cui entra nei tornado col proprio fuoristrada con lo scopo di “domarli”, come farebbe un cowboy con un toro.
Da queste premesse appare chiaro quale tono aspettarsi da Twisters: un film completamente folle, con situazioni e personaggi fuori di testa e che abbandona la logica e la serietà in nome della più sfrenata goliardia sulla falsariga di quanto fatto qualche mese fa da Adam Wingard con Godzilla e Kong – Il nuovo impero. Un paragone piuttosto calzante se si pensa che alcuni dialoghi e comportamenti dei protagonisti dipingono i tornado più come dei kaiju da distruggere, invece che degli eventi atmosferici da studiare.
Purtroppo l’unico a non aver intuito quale sia l’atmosfera ideale sembra essere proprio Lee Isaac Chung. Il regista, che si era fatto notare nel 2020 con il film drammatico Minari, fraintende completamente il tono da dare al film, infarcendolo (in particolare nella parte centrale) di inutili momenti drammatici, riflessioni sull’importanza di salvare vite umane e critiche agli speculatori di tragedie. Discorsi tanto ammirevoli quanto poco incisivi nell’economia del film, oltre che estremamente superficiali e composti unicamente da slogan da campagna elettorale. Ciò incide pesantemente sulla godibilità dell’opera, appesantendola e minando buona parte del divertimento che dovrebbe assicurare.
Gli unici momenti genuinamente esaltanti sono quelli che vedono Glen Powell cimentarsi nelle sue folli acrobazie. L’attore, con la sua espressione da adorabile canaglia simil Tom Cruise, riesce a restituire quella leggerezza che manca in tutto il resto della storia. E purtroppo anche lui perde di efficacia nel momento in cui si cerca di dare profondità caratteriale al suo personaggio.
Le sequenze di distruzione non sono mal girate, ma risultano estremamente ripetitive, oltre che prive di quell’innovazione tecnica che aveva rappresentato l’unico grande punto di interesse del predecessore, capace di sfruttare (con maggior efficacia rispetto a questo seguito) gli allora nascenti effetti digitali.