Two Weeks to Live recensione serie TV Sky di Gaby Hull e Al Campbell con Maisie Williams, Sian Clifford, Mawaan Rizwan, Taheen Modak, Thalissa Teixeira, Kerry Howard, Sean Pertwee e Pooky Quesnel
Two Weeks to Live, disponibile su Sky Atlantic, è la nuova serie comedy-thriller che ha come attrice protagonista Maisie Williams, la già nota Arya Stark di Game of Thrones. Una surreale storia che si muove tra i labili confini disegnati dal British Black Humor, infatti, se vi è piaciuta una serie tv come The End of the F***ing World questi sei episodi potrebbero rispecchiare i vostri gusti.
La storia, come abbiamo già anticipato, è decisamente surreale e paradossale, ma non per questo improbabile. Two Weeks to Live segue le vicende di Kim, una ragazzina che ha da sempre vissuto in isolamento lontano dalla società, sola con la madre. Nei boschi scozzesi ha, infatti, iniziato a tramare la sua vendetta verso l’uomo che le ha portato via il padre quando aveva solo sei anni. Una volta approdata all’interno del “mondo reale”, per uno scherzo, si convince che la fine del mondo è imminente. Kim ha, dunque, solo due settimane per poter cercare di portare a termine la lista di cose da fare.
La prima puntata si apre con le note di Stayin’ Alive, una cover della canzone dei Bee Gees, il cui testo inizia già a posare le basi di ciò che sarà possibile vedere. Per quanto, infatti, la trama spinga sulle corde del thriller e della vendetta, quella che abbiamo davanti è in tutto e per tutto una dark comedy le cui puntate durano circa 20-30 minuti. Grazie alla sua brevità, infatti, è possibile fare una scorpacciata della puntate in solo tre ore circa.
La serie ha, dunque, un ritmo piacevole e divertente: le scene di violenza vengono intervallate da momenti in cui la battuta stressa la narrazione. La comicità, sostanzialmente, ha il compito di sopperire alla rapidità con cui i fatti si svolgono. Del resto, Kim è convinta che il suo tempo stia per terminare e spuntare tutte le voci, in due sole settimane, non è di certo facile. Il tutto assume un sapore paradossale e, potremmo dire, quasi irriverente perché, nonostante lo svolgimento sia abbastanza lineare e scontato, si comprende che l’intento è proprio quello di divertire.
I personaggi non hanno caratterizzazioni forti, sono per lo più di contorno alla vicenda e le loro azioni sono funzionali agli istanti comici. Tutta l’attenzione è, dunque, puntata su Kim e sua madre (Sian Clifford) e sul loro rapporto madre-figlia. Da una parte, infatti, abbiamo Kim che cerca di trovare la sua libertà, la sua indipendenza; dall’altra invece c’è sua madre che a causa di motivazioni inizialmente ignote non fa altro che cercare di tenere la figlia sotto una campana di vetro. Ma il tutto è così rapido da non per nemmeno approfondire questo aspetto all’interno della serie.
Tutto si muove su equilibri precari, salvati dal fatto che venga tutto interrotto prima che diventi eccessivo. Non ci sono reali momenti tensivi, caratteristici del thriller; allo stesso modo non ci sono neanche i reali istanti comici tipici delle sit-com. Ci si diverte, si viene intrattenuti e si possono spendere tre ore senza grosse pretese.
La conclusione di questa serie, inoltre, è sospesa verso l’ignoto. Presentata come una miniserie ha, comunque, il finale aperto il che fa sospettare che possa esserci un rinnovo per una seconda stagione. Di certo, bisognerebbe mettere più carne al fuoco per poter rendere consistente l’idea di continuare la storia di Kim. Inoltre si dovrebbe prendere una strada ben più decisa dal punto di vista dell’intera realizzazione.