Un altro Ferragosto recensione film di Paolo Virzì con Silvio Orlando, Sabrina Ferilli, Christian De Sica, Laura Morante, Vinicio Marchioni, Andrea Carpenzano e Anna Ferraioli Ravel [Anteprima]
Correva l’anno 1996. Con Ferie d’agosto Paolo Virzì, alla sua seconda regia, sfruttava le vacanze estive di due nuclei familiari opposti (intellettuali di sinistra i Molino; borghesi di destra i Mazzalupi) come pretesto per tracciare un ritratto della situazione politica italiana.
Dopo ventisette anni le due famiglie tornano a Ventotene per analizzare nuovamente le condizioni dell’Italia. Un paese che da un lato appare impantanato in dinamiche sempre uguali a sé stesse (come alcune caratterizzazioni e rapporti tra personaggi, immutati dopo quasi tre decenni), ma che dall’altro deve affrontare l’avanzamento della tecnologia, rappresentata qui dal mondo dei social. Non a caso i Mazzalupi si (ri)trovano lì per le nozze di Sabrina che, da adolescente sfortunata nel primo film, è ora un’importante influencer.
Il mondo dei social è tra i principali bersagli di questo seguito, impegnato nel descriverne il lato più falso e superficiale. Vediamo nuove generazioni sempre più alla deriva, indifferenti agli adulti e troppo concentrati su contenuti frivoli che una certa corrente politica vorrebbe strumentalizzare per pilotare consensi. Una finta modernizzazione che nasconde un intento conservatore.
A fare da contraltare troviamo una sinistra – sempre rappresentata da Silvio Orlando nel ruolo di Sandro Molino – totalmente incapace di sostenere le proprie cause. Ironicamente, colui che dovrebbe rappresentare il lato progressista è nostalgico del passato quanto gli antagonisti, schiavo di fallimenti tanto politici quanto (anzi, soprattutto) personali.
Ma non è solo Sandro a essere bloccato. Tutti i personaggi che avevamo conosciuto nel primo capitolo sembrano non aver mai superato del tutto gli avvenimenti di quei giorni. Una dinamica che riscontriamo in tutti i seguiti che il cinema propone a distanza di anni i cui personaggi continuano a richiamare eventi lontani, come se fossero intrappolati in un eterno presente. Si pensi a Top Gun: Maverick, col protagonista ancora incapace di elaborare appieno un lutto di oltre trent’anni prima.
Virzì conferma quindi di avere ancora una visione accurata delle dinamiche sia italiane, sia del cinema contemporaneo. Riconferma inoltre la sua capacità di gestire ampi cast corali, come abbiamo potuto vedere recentemente con l’ottimo Siccità.
Tuttavia rispetto a Ferie d’agosto (e allo stesso Siccità) il risultato finale appare un po’ meno quadrato. Il perfetto equilibrio tra critica sottile (abilmente suggerita solo da immagini o dialoghi ridotti all’osso) e momenti più didascalici è qui più sbilanciato in favore della seconda componente. Uno squilibrio particolarmente evidente nell’ultima mezz’ora, in cui buona parte dei personaggi si abbandonano a monologhi con lo scopo – fin troppo palese – di tirare le fila del proprio percorso.
A fine visione rimane l’impressione di un film che prosegue coerentemente il percorso tracciato dal capostipite, ma con una messa in scena depotenziata. Inoltre, spesso vediamo estratti di audio/video del primo film nel corso del sequel. Una scelta coerente con l’incapacità dei personaggi di superare gli eventi del passato, ma che al tempo stesso appare come fan service realizzato per colpire con estrema facilità il cuore dello spettatore, che si ritrova paradossalmente a provare quello stesso senso di nostalgia che il film sembra voler biasimare.