Un bel mattino recensione film di Mia Hansen-Løve con Léa Seydoux, Pascal Greggory e Melvil Poupaud
In uscita nelle sale italiane il 12 gennaio 2023, Un bel mattino (Un beau matin) è stato presentato nella Quinzaine des Réalisateurs della 75esima edizione del Festival di Cannes. L’ultimo lungometraggio della regista francese è un ritorno alle origini: i suoi primi film erano racconti melanconici mossi tra storie famigliari e amori inattesi, e per tale ragione Un bel mattino è l’opera più completa di una regista capace di fare della semplicità l’emblema delle più grandi tragedie umane contemporanee.
Un film disarmante sulla vita: Un bel mattino è il drappeggio di una esistenza tra rinascita e lutto
Che cosa lasciamo dietro di noi? Che cosa costituisce al meglio la nostra essenza? Come saremo ricordati?
Sandra Kinsler (Léa Seydoux) è una traduttrice votata al suo lavoro e all’accudimento delle persone che ama. Vive a Parigi in un piccolo appartamento e le sue giornate trascorrono monotone mentre si destreggia tra il prendersi cura della figlia e l’accudimento del padre Georg (Pascal Greggory) il quale sta scomparendo a causa di una malattia neurodegenerativa, la sindrome di Benson. La lenta perdita di memoria di Georg costringe Sandra e sua sorella alla ricerca di una casa di cura: un luogo sicuro in cui il padre potrà essere assistito nei suoi ultimi giorni mentre questi affonda sempre più nella confusione – una lunga discesa che lascia alle sue spalle un appartamento le cui pareti sono rivestite di libri – ed è in quei libri che Sandra cerca di mantenere in vita il ricordo del padre.
Il dolore per un padre che non riesce più a riconoscerla si affianca in questo lungometraggio ad una ritrovata e inaspettata felicità. L’incontro con un vecchio amico, Clemént (Melvil Poupaud), fa riscoprire a Sandra, dopo cinque anni dalla morte del marito, l’amore e la passione.
Un bel mattino procede su questi due binari: da un lato una storia d’amore travolgente, dall’altra la lenta perdita del padre. Nella quotidianità si costituisce il vero peso del dramma: l’esperienza umana è fatta al contempo di profondo dolore e immensa gioia.
Sofferenza e felicità si intrecciano in un disarmante, quanto naturale, racconto sulla brutalità dell’esperienza umana
Profondamente autobiografico, Un bel mattino racconta la storia della regista, il cui padre, Ole Hansen-Løve, negli ultimi anni di vita soffrì di una condizione degenerativa – la sindrome di Benson di cui è affetto lo stesso personaggio interpretato con così tanta grazia e malinconia da Pascal Greggory. È la stessa volontà di Hansen-Løve nel prendere spunto dal proprio dolore che garantisce la purezza del suo sguardo sul racconto e il conseguente sentimento di vicinanza che l’opera instaura con il pubblico, il quale parteciperà con trasporto al vivere di Sandra.
Mia Hansen-Løve racconta con incredibile dolcezza la malinconia delle sue personagge e personaggi, figure quotidiane che affrontano grandi ostacoli senza eroismi. Impossibile smettere di versare lacrime davanti alla quotidianità del dolore, impossibile non commuoversi per le coincidenze della vita, mentre un rapporto si spegne e un altro inizia, due fili indistricabili di dolore e felicità. Nel raccontare ambedue c’è tanta sensibilità.
Hansen-Løve torna a muovere i personaggi nella sua Parigi, tra piccoli appartamenti, strade strette, giardini e luoghi storici – quella città raccontata così bene da divenire un personaggio invisibile delle sue storie. La Parigi borghese composta da intellettuali umanisti, le cui collezioni di libri raccontano molto più di qualsiasi dialogo. Sono due figure ricorrenti per Hansen-Løve, forse i “personaggi” che la regista non abbandonerà mai poiché è attraverso loro che ha sempre raccontato; così come fu per la personaggia di Isabelle Huppert ne L’avenir, così è per Léa Seydoux. Sandra ricostruisce se stessa e il rapporto con il padre sistemando i suoi libri: Johann Wolfgang von Goethe fra gli scrittori tedeschi, Elias Canetti fra gli austriaci, Hannah Arendt con i filosofi ed è grazie al libro autobiografico che il padre aveva iniziato a scrivere nella sua lingua madre, il tedesco, che Sandra ripensa alla sua vita. Il titolo del libro, Un bel mattino, diventa per Sandra monito per il suo futuro, cercare di guardare ciò che nasce davanti a sé senza la preoccupazione di ciò che svanisce.
Un bel mattino dimostra nuovamente la grandezza della regia di Mia Hansen-Løve la cui bravura si riflette in una narrazione rarefatta, fatta di quotidianità ed empatia, rapporti umani in continuo divenire e ricerca di sé tra perdita e nuovi inizi.