Un Colpo di Fortuna recensione film di Woody Allen con Lou De Laâge, Valérie Lemercier, Melvil Poupaud e Niels Schneider
Ci sono state perle preziose nella filmografia di Woody Allen: Io e Annie (1977), Manhattan (1979), La rosa purpurea del Cairo (1985), Match Point (2005), Scoop (2006), Vicky Cristina Barcelona (2008), Midnight in Paris (2011), Blue Jasmine (2013), To Rome With Love (2012), Cafè Society (2016) fino ai più recenti La ruota delle meraviglie (2017) e Un giorno di pioggia a New York (2019).
Solo per citare qualche titolo ma l’elenco è veramente lungo. Brillanti gioiellini che si incastonano nel grande mosaico della storia del cinema.
C’è un film però che Woody Allen ha tenuto a bada, senza osare troppo, adagiandosi forse sugli agi della sua veneranda età. Un film su cui probabilmente non voleva scommettere più di tanto o con il quale sperava di approdare fuori concorso all’80ª edizione del Festival di Venezia (che colpo di fortuna!).
Ebbene, Coup de Chance è il cinquantesimo film del noto regista statunitense che ritorna a Parigi girato interamente in lingua francese.
Belle premesse per un giallo tinto di romanticismo. Peccato che Un Colpo di Fortuna imbocchi la strada della poca originalità adagiata sulla prevedibilità del finale che addormenta tutte le ansie tragicomiche. Poca originalità si diceva perché l’idea di base è molto simile al già noto Unfaithful – L’amore infedele (2002) di Adrian Lyne in cui Edward (Richard Gere) scopre che la moglie Connie (Diane Lane) intraprende una relazione extraconiugale con un uomo più giovane.
Un Colpo di Fortuna ha tratti somiglianti, se non addirittura identici: Fanny (Lou De Laâge) e Jean (Melvil Poupaud) sono una coppia di sposi a cui non manca nulla. Tutto procede bene fino a quando Fanny incontra per caso ‒ o per fortuna ‒ Alain (Niels Schneider), suo ex compagno di liceo da sempre innamorato di lei. È chiaro che tra i due nasce qualcosa che porterà a conseguenze inevitabili.
Sono passati più di 20 anni, eppure l’idea iniziale è sempre quella.
Certo, non tutto rimane uguale. La cifra stilistica alleniana rimane ben presente, il suo umorismo da commedia non lo abbandona mai e il film ne è pieno, nonostante la venatura tragica della storia.
La risata viene fuori quasi spontaneamente, anche in certi snodi narrativi che dovrebbero far riflettere piuttosto che far ridere. Compreso il finale, troppo scontato per un uomo che ha sempre agito nell’ombra al fine di preservare la propria incolumità, emergendo con un coraggio ancora più evidente.
Che fine ha fatto il buon e caro Woody Allen? Perché dirigere un racconto già visto lasciando che sia il caso di un incontro fortuito a decidere per la nostra vita?
Forse non abbiamo bisogno di tante risposte. Forse ci basta pensare che dietro a Un Colpo di Fortuna c’è la regia di Woody Allen ‒ e si vede tutta ‒ che si francesizza dalla testa ai piedi per il suo ritorno in grande stile nella capitale parigina.
Probabilmente basta solo un colpo di fortuna per cambiarci la vita. Sarà pure così, ma Woody Allen ha diretto di meglio.
Vedremo il 51esimo film cosa ci dirà.