Una notte a New York recensione film di Christy Hall con Dakota Johnson e Sean Penn
Incredibile come un taxi possa generare tensione, romanticismo e un’interazione improbabile fra due persone agli antipodi.
Viene subito in mente il capolavoro dei primi 2000 Collateral diretto dal maestro Michael Mann, che ci faceva assistere a una notte di lavoro condivisa tra un killer (interpretato da Tom Cruise) e un povero tassista (interpretato da Jaime Foxx).
Il taxi si rivela spesso un luogo perfetto per raccontare storie interessanti. Christy Hall, al suo debutto come regista, sembra aver colto questa potenzialità. Decide però di ambientare tutto il film all’interno del taxi e di farlo durare il giusto. Trainarsi una chiacchierata oltre due ore in una cabina e andare avanti di campi e contro campi sarebbe stata una follia.
Chapeau alla regista per la capacità di contenersi e per aver giocato bene con i volti dei due attori principali, che riescono perfettamente a reggere la pellicola. Sean Penn, interpreta un tassista che spara sentenze politicamente scorrette e instaura subito un ottimo legame fatto di sguardi con il suo ultimo passeggero della nottata, Dakota Johnson.
Sebbene Sean Penn non sia più sulla cresta dell’onda come attore, per motivi che sono noti, è innegabile il magnetismo che ha, fondamentale per la riuscita di questo film.
Un dettaglio interessante riguarda il casting: inizialmente Dakota Johnson non avrebbe dovuto interpretare il ruolo, ma solo la produttrice. La parte era stata assegnata a Daisy Ridley, che però ha dovuto rinunciare per via di impegni pregressi. Questo ha dato modo alla Johnson di subentrare e di coinvolgere Sean Penn nel progetto, mandandogli la sceneggiatura. Chissà come sarebbe stato il film inizialmente concepito, con un cast diverso, tuttavia si può affermare che Dakota Johnson ha reso il film più interessante. Le sue interazioni con Sean Penn sono simpatiche, mantengono un buon ritmo e raramente la pellicola risulta pesante.
Una notte a New York ha un impianto teatrale, di fatto è girato su un palcoscenico con enormi schermi al Led per simulare la città di New York. Complimenti perché la resa è perfetta e sembra girato davvero fra le strade della città, come se avessero creato davvero un traffico indistricabile nella metropoli.
Il film dunque è ben diretto, la sceneggiatura è solida e le interpretazioni sono, si può dire, magnetiche.
Allora qual è il fattore che penalizza Daddio (titolo originale della pellicola) e gli impedisce di elevarsi a “perla”. Purtroppo è il soggetto, o meglio l’idea di base. Il setting di Una notte a New York è perfetto per creare tensione attraverso i non detti – che ci sono, per carità – o per far emergere segreti torbidi scavando nella superficialità di una conversazione tra due sconosciuti. Invece il film, inizia creando questa aspettativa nello spettatore, poi però prende una strada diversa. Purtroppo vuole toccare tanti tasti diversi con una chiacchierata suggestiva, ma tra le strade che si potevano prendere, si è presa forse la più banale.
Nella prima parte emergono dettagli sul passato della protagonista che sono affascinanti e raggelanti al tempo stesso. Poi, invece, si tramuta nel dramma fin troppo telefonato: la donna, all’apparenza dolce e gentile, nasconde uno dei segreti più cliché a cui si può pensare. Nonostante tutto, il film intrattiene. La durata di un’ora e quaranta è perfetta, ma rimane un “però” nella mente dello spettatore.
Una notte a New York poteva essere una perla rara, con una scrittura solida, non detti suggestivi e interpretazioni magnetiche e poteva davvero aspirare a essere il Past Lives di questa seconda metà 2024. Un gran peccato parlare così di un film alla fine ben fatto e che tiene incollati con dialoghi suggestivi, ma purtroppo poco profondi.