Uncharted

Uncharted recensione film di Ruben Fleischer con Tom Holland e Mark Wahlberg [Anteprima]

Uncharted recensione film di Ruben Fleischer con Tom Holland, Mark Wahlberg, Sophia Ali, Tati Gabrielle e Antonio Banderas

Cinema e videogiochi: una relazione complicata. Da Super Mario Bros. (1993) a oggi, le trasposizioni videoludiche non si sono quasi mai contraddistinte per qualità, indipendentemente dal budget messo a disposizione. Se Street Fighter – Sfida finale (1994), Mortal Kombat (1995) e House of the Dead (2003) sono diventati a loro modo degli scult, film con ambizioni più alte come Assassin’s Creed (2016), Prince of Persia – Le sabbie del tempo (2010) e Warcraft – L’inizio (2016) non hanno lasciato granché il proprio segno, cadendo nel dimenticatoio. Un discorso a parte potrebbe essere fatto per i survival horror, come Resident Evil (la saga) e Silent Hill (2006), prodotti senza infamia e senza lode che hanno saputo intercettare il gradimento del loro pubblico di riferimento. Di Tomb Raider (2003 e 2018) ci sarebbe da dire poco e nulla, nonostante la scelta di modellare il personaggio di Lara Croft affidandolo a due grandi attrici come Angelina Jolie e Alicia Vikander. Eppure, nonostante tutti questi esiti sfortunati, il cinema continua a voler puntare sul mondo videoludico, nella speranza di arrivare a un connubio di amorosi sensi paragonabile a quello con i comics (con Marvel e DC a farla da padroni).

Uncharted recensione film di Ruben Fleischer con Tom Holland e Mark Wahlberg
Tom Holland e Sophia Ali (Credits: Sony Columbia Pictures)
Tom Holland e Antonio Banderas
Tom Holland e Antonio Banderas (Credits: Sony Columbia Pictures)

LEGGI ANCORA: Uncharted, l’intervista a Tom Holland e Ruben Fleischer

Nel solco di questa tradizione nefasta, arriva oggi sugli schermi Uncharted, la trasposizione dell’omonimo videogioco, sviluppato da Naughty Dog e distribuito da Sony, che è apparso per la prima volta su PlayStation 3 nel 2007 (e che conta oggi 4 capitoli e 2 spin-off). Il milieu di riferimento è paragonabile, per certi versi, a quello di Tomb Raider, con due cercatori di tesoro, Nathan Drake e Victor Sullivan, impegnati a girovagare per il mondo. Un budget da 120 milioni di dollari, un regista come Ruben Fleischer, che già si è messo alla prova con la commedia (Benvenuti a Zombieland) e l’adattamento di un fumetto (Venom), un astro nascente come Tom Holland: queste le frecce all’arco di una produzione che prova a invertire un trend complicato, inserendo due attori navigati del calibro di Mark Wahlberg e Antonio Banderas.

Il film si apre in medias res con una spettacolare scena di azione e poi torna alle origini della storia, raccontando il passato di Nathan Drake e descrivendo il suo incontro con Victor Sullivan. Questo adattamento sembra guardare alle atmosfere alla Indiana Jones, spingendo più sulla componente della commedia e dell’avventura rispetto a quelle sfumature di generi che contraddistinguevano le vicende del personaggio creato da George Lucas (con punte di horror, come ad esempio in Indiana Jones e il tempio maledetto). Nel dubbio, lo script ci mette anche qualche spruzzata di 007, ribaltando continuamente i rapporti di forza tra i protagonisti. L’idea è quella di creare uno spettacolone roboante, premendo continuamente sull’action e proponendo scenari e location mozzafiato (cattedrali, navi pirata, isole misteriose et similia).

Tom Holland e Mark Wahlberg
Tom Holland e Mark Wahlberg (Credits: Sony Columbia Pictures)
Sophia Ali e Tom Holland
Sophia Ali e Tom Holland (Credits: Sony Columbia Pictures)

Molto derivativo, Uncharted prova a giocare con il suo pubblico di riferimento e a omaggiare il cinema di avventura che, soprattutto negli anni ’80 e ’90, ha contribuito a creare quell’immaginario di cui, in qualche modo, ormai siamo tutti prigionieri. Ciononostante, il film di Fleischer accoglie le istanze della contemporaneità e crea due personaggi femminili (antagoniste o aiutanti?) indipendenti e che sanno quello che vogliono, pur affidandoli ad attrici (Tati Gabrielle e Sophia Taylor Ali) molto meno note rispetto a Holland, Wahlberg e Banderas.

Che cosa rappresenta, in conclusione, Uncharted all’interno dell’eterno rapporto conflittuale tra settima arte e videogiochi? Difficile dirlo. Se da un lato non siamo infatti dalle parti del kitsch o dell’oltraggio, dall’altro non si può nemmeno dire che il film spicchi per originalità ed efficacia. Si ha la continua sensazione che molte delle sequenze siano troppo costruite a tavolino, poco spontanee e senza una vera direzione narrativa. Manca quel quid che trasformi un divertente viaggio nell’avventura fine a se stesso in un qualcosa di più articolato e sfrontato. Tom Holland si conferma a suo agio nelle vesti dell’eroe che non si prende troppo sul serio, ma non ha la possibilità di esplorare sentimenti meno superficiali. Per questi motivi, Uncharted non si presenta come una rivoluzione ma non sprofonda nemmeno negli abissi della propria presunzione. Il rischio di dimenticarcene troppo in fretta, però, è proprio dietro l’angolo. E tra cinema e videogiochi non siamo ancora alla luna di miele.

Sintesi

Uncharted non si presenta come una rivoluzione ma non sprofonda nemmeno negli abissi della propria presunzione. Pur rischiando di essere rapidamente dimenticato, ha il pregio di giocare con l’immaginario del cinema di avventura degli anni ’80 e ’90, inserendo personaggi femminili che sono un riflesso della società di oggi. La luna di miele tra settima arte e videogiochi è però rimandata.

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