Under a Blue Sun recensione documentario di Daniel Mann [RoFF19]
Sulle tracce di Rambo in un deserto che non è quello afgano, ma che, attraverso il filtro blu della cinematografia, diventa tale.
Il documentario Under a Blue Sun di Daniel Mann, presentato alla 19° edizione della Festa del Cinema di Roma, ci porta nel deserto del Negev, che occupa una vasta parte dello Stato d’Israele.
Qui, il regista ha rintracciato Bashir Abu Rabi’a, responsabile degli effetti speciali per Rambo III, film in cui il panorama desertico israeliano fu usato come sfondo per ricreare il conteso Afghanistan durante le riprese. Ma si capisce ben presto che Rambo è solo un pretesto per raccontare la storia delle oppresse tribù del deserto.
Intere famiglie beduine sono state sfollate dai luoghi in cui hanno vissuto per secoli, trasformati in proprietà privata militare per l’addestramento di truppe e piloti di veicoli di morte, gli stessi che perpetuano un sistema che si autoalimenta.
Mann si sposta, quindi, dalla figura che ha consacrato il machismo anni ’80 (i cui strascichi ci portiamo ancora oggi) alla realtà delle popolazioni afflitte dalla morsa marziale in quelle zone di interesse per Israele. Attraverso le testimonianze di vari abitanti del luogo, il regista esplora i soprusi che continuano a subire, costretti a vivere come clandestini nella loro stessa terra.
Nonostante l’intento sia chiaro, sembra mancare un legame tra la produzione di Rambo, l’ossessione per la figura di Stallone e le ingiustizie perpetrate contro gli abitanti del Negev. Ogni singolo aspetto funziona, se preso isolatamente, ma manca un’unità di fondo, che sia essa visiva, concettuale o narrativa.