Vetro recensione film di Domenico Croce con Carolina Sala, Tommaso Ragno, Marouane Zotti, Giustiniano Alpi, Gabriele Stella e Marta Pilato
Prodotto dalla Fidelio di Daniele Basilio e Silvio Maselli e da Vision Distribution in collaborazione con Sky, Vetro è il lungometraggio d’esordio di Domenico Croce, giovane regista salito alla ribalta nel 2019 con il cortometraggio Anne, miglior cortometraggio ai David di Donatello 2021. Thriller psicologico di pregevole fattura, Vetro è interpretato da Carolina Sala (Fedeltà, La guerra è finita), Tommaso Ragno (Luna Park, Tre piani) e Marouane Zotti (I May Destroy You, La porta rossa).
Una giovane ragazza dai capelli rossi, che per tutto il film rimarrà senza nome (Carolina Sala) è una hikikomori. Non esce mai dalla sua stanza ed è terrorizzata dalla sola possibilità di aprire la porta. Comunica con il padre (Tommaso Ragno) attraverso una porticina basculante per cani e dai cui entrano ed escono oggetti e cibo e trascorre le sue giornate disegnando assieme al suo unico amico: il proprio cane.
La sua routine è solida e molto organizzata e la sua condizione non sembra essere limitante per lei, tutto però è destinato a mettersi in discussione quando sbirciando dalle tapparelle della finestra, la ragazza si convince che nel palazzo di fronte ci sia una donna in pericolo.
Iniziano così i dubbi, le paure e una profonda lotta interiore in cui la ragazza è combattuta tra l’agire per salvarla e l’impossibilità di abbandonare la propria posizione di sicurezza.
Durante questi giorni così travagliati la ragazza decide di iscriversi ad un social network ed è qui che conosce Dev, un ragazzo più grande con il quale inizia una relazione online. Dopo un breve periodo idilliaco iniziano a verificarsi strani eventi e la salute psichica della ragazza inizia pericolosamente a vacillare.
Sarà costretta a rimettere tutto in discussione per poter uscire dalla sua prigione di vetro.
Vetro incomincia portando avanti una tematica cara alla Fidelio ossia l’isolamento volontario. La casa di produzione romana infatti aveva già affrontato il tema con Essere Hikikomori. La mia vita in una stanza, così quando la riflessione su queste fragili vite intrappolate in una prigione di vetro faticosamente costruita da loro stessi vira sul thriller si rimane completamente spiazzati.
Con un’appassionata citazione al maestro del thriller Alfred Hitchcock, dopo quaranta minuti di idilliaca prigione allietata dai social, il regista dà un colpo di mano alla vicenda e ribalta tutti i significati.
Non entriamo nei particolari per non rovinarvi la visione, che merita il vostro assoluto coinvolgimento scevro da pregiudizi, ma Vetro è davvero capace di ridefinire il genere thriller psicologico per l’Italia (come anni fa negli Usa fecero pellicole come Get Out o Under the Silver Lake).
Girato interamente in teatro di posa a Roma, la pellicola di Domenico Croce è a nostro avviso un gioiellino produttivo. Cast completamente in parte, praticamente un’unica location dalla scenografia dettagliatamente realizzata, narrazione complessa ma fruibile. Tutto sembra essere al posto giusto.
Il regista riesce a regalare un ritratto davvero dettagliato e intenso del nostro tempo in cui “il social” è l’elemento cardine e minimo comune multiplo di tutte le nostre vite. Da paradisiaco non-luogo salvifico di anime sole e incomprese, “il social” si trasforma presto in una diabolica macchina da soldi e strumento di tortura in un mondo in cui ormai più nulla è come sembra.