Vittoria

Vittoria recensione film di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman

Vittoria recensione film di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman con Marilena “Jasmine” Amato e Gennaro Scarico

di Laura Palladino

Vittoria di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman (Credits: Teodora Film)
Vittoria di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman (Credits: Teodora Film)

Vittoria, presentato alla 81° Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti, racconta la storia di una famiglia che lotta nell’ardua impresa di un’adozione in Italia.

Una velata denuncia implicita verso un sistema sociale basato su una burocrazia opprimente e fagocitante, moderno psicodramma italiano che sembra non avere via di risoluzione. Il suo punto di forza risiede, tuttavia, nel contenuto stesso: l’amore incondizionato narrato in quegli 80 minuti di lungometraggio.

Un amore grande, indescrivibile, come solo quello che una madre, e di riflesso un padre profondamente innamorato della sua compagna di vita, possono arrivare a incarnare.

Questo piccolo gioiello di Kauffman e Cassigoli è reso possibile grazie al già indiscusso genio di Nanni Moretti, che con umiltà sceglie di essere ‘solamente’ produttore e portavoce dell’opera. In conferenza stampa, afferma ironicamente: “Ultimamente mi impegno a cercare di produrre proprio quei film che non somigliano ai miei”, sciogliendo con un sorriso generale della platea le lacrime di commozione, a stento trattenute nel finale imprevedibile del film.

Le lacrime sono le stesse provate di fronte a Filumena Marturano, a La Ciociara o al Monello di Chaplin. Qui, però, a commuovere non è solo il candore o la tenerezza di un bambino, ma quel senso universale di protezione che solo due genitori possono raggiungere, superando i loro rispettivi egoismi personali.

Vittoria è un film adatto a qualsiasi tipo di pubblico e a tutte le età. Non affronta solo le difficoltà legate all’adozione per chi proviene da una famiglia di artigiani del Mezzogiorno (precisamente da Torre Annunziata), ma, come ha ricordato Nanni Moretti, per una volta non parla nemmeno della Napoli violenta o della camorra.

Jasmine (Marilena Amato) interpreta il ruolo di sé stessa non solo con la naturalezza di un’attrice professionista, ma con tutta la determinazione, passione e saggezza che caratterizzano le donne.

Potremmo definirlo, tecnicamente, un film ‘iperrealistico’, ma in un senso poetico, pasoliniano, non inteso come docufilm, nonostante la veridicità dei contenuti. La differenza tra i due generi è marcata dalla poesia che vi è nascosta. Il film documentaristico si basa su un genere giornalistico, mentre il film realistico, pur ispirato a storie vere o solo parzialmente romanzate, si distingue per un ritmo lirico, in cui la scelta delle immagini, della musica e dei testi vibra all’unisono.

La poesia che ne scaturisce è infatti profonda. Le sensazioni, come le immagini, sono vivide, e le emozioni arrivano al cuore grazie a una trasmissione diretta, empatica e dettagliata.

Il film riesce a rimanere ancorato al realismo di una vita estremamente difficile, suscitando nello spettatore tenerezza e commozione. Grazie alla poesia di certi momenti, registi e sceneggiatori portano alla luce una realtà sommersa, rendendola accessibile a tutti. Il film affronta temi complessi, come l’adozione internazionale e le difficoltà burocratiche e umane associate, senza giudicare né condannare.

«Un film liberatorio e doloroso allo stesso tempo», dichiara in conferenza stampa la protagonista Marilena, «ma sono felice di averlo fatto per mia figlia, perché un giorno saprà quanto l’ho desiderata»

Vittoria di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman (Credits: Teodora Film)
Vittoria di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman (Credits: Teodora Film)

Vittoria può essere definito un film di rilevanza sociale e politica, perché ispira nuove Politiche Sociali non solo psico-pedagogiche, la cui visione dovrebbe essere consigliata nei Licei italiani.

La protagonista stessa ammette infatti, in un’intervista, che “in realtà la burocrazia fagocitante italiana, allo stato attuale, dopo ben sette anni dall’adozione, ancora non garantisce le dovute cure a una bambina, oggi adolescente, che ne ha bisogno.” Questo è un dato allarmante se si pensa alle migliaia di genitori che hanno adottato bambini con patologie o disabilità, i quali andrebbero supportati anche dopo l’adozione, vista la complessa scelta psicologica che hanno affrontato.

In conclusione, questo film, ambientato in Italia e in Bielorussia, ha il pregio, rarissimo, di avere un’unica scenografia dalla prima all’ultima scena: il cuore

Perché i figli… so’ pezzi ‘e core!

 

Sintesi

Vittoria è un film di grande intensità poetica. La profondità della poesia che emerge dalle sue immagini e dalle sue parole è tangibile. Le sensazioni, vivide e potenti, si imprimono nello spettatore, mentre le emozioni raggiungono il cuore attraverso una narrazione empatica, precisa e coinvolgente

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