Vulnerabili recensione di film di Gilles Bourdos con Alice Isaaz, Suzanne Clément, Vincent Rottiers, Pauline Etienne, Frédéric Pierrot
In concorso al Festival del Cinema di Venezia nel 2017 nella sezione Orizzonti, Vulnerabili è un lungometraggio di Gilles Bourdos che segue l’intreccio di tre vicissitudini che si accomunano per la debolezza dell’animo umano, dove i personaggi sono collegati fra loro da piccoli o grandi meccanismi di causa-effetto.
Seppur si tratti di una storia corale, ad avere un peso più rilevante è la coppia Joséphine (Alice Isaaz) e Tomasz (Vincent Rottiers), ai quali è affidato l’intero incipit del film. Jo e Tomas sono appena maggiorenni eppure decidono di sposarsi rendendo così Joséphine vittima sacrificale delle violenze del marito dal quale non vorrà mai separarsi nonostante l’aiuto e il supporto costante che i suoi genitori, i coniugi Kuafman (Grégory Gadebois e Suzanne Clément), tentano di darle.
Poi abbiamo Vincent (Eric Elmosnino) che oltre alla separazione dalla moglie, deve affrontare la figlia che sta per avere un bambino dal suo professore di storia, molto più grande di lei e persino dello stesso Vincent.
Infine la storia di Anthony (Damien Chapelle), studente di lingue molto timido poco incline alla socialità, si trova ad accudire la madre Nicole (Brigitte Catillon) ricoverata in un centro psichiatrico a causa di un esaurimento nervoso e il padre, fuggito con una donna più giovane per recuperare gli anni perduti.
Le tre vicende oltre ad avere dei concreti punti di incontro, si somigliano per la debolezza, la sofferenza e l’incapacità di reagire di fronte ai problemi della vita.
Vulnerabili non è solo il titolo del film né è solo un aggettivo per caratterizzare i protagonisti, è l’intima natura dell’uomo. In una società patinata dove tutto è perfetto, sorrisi costanti, frasi d’incoraggiamento e positività, l’uomo resta debole, vulnerabile, affranto da problemi che sono più comuni di quanto possiamo immaginare.
La violenza sulle donne, la perdita di un figlio o di un genitore, la ricerca di ciò che vorremmo essere in un partner, sono ciò che ci rende umani e vulnerabili. L’opera di Gilles Bourdos spicca per l’uso della luce, l’incipit che di per sé sembra un cortometraggio, è caratterizzato da una irreale luce rosa che avvolge l’intera inquadratura, irreale proprio come la storia stessa.
Vulnerabili è un lungometraggio lento, privo di azione, quasi come se la videocamera riprendesse la vita en plain air, concentrandosi solo sui sentimenti dei personaggi.
La pellicola però è un’occasione mancata, perché le singole storie offrivano spunti per un intreccio molto più intenso e imprevedibile senza tralasciare la parte emotiva.