E se WandaVision avesse un senso più ampio nell’economia di Disney+ e Marvel? Un nuovo punto di vista sulla serie che ha letteralmente rotto Disney+
Con il rilascio dell’episodio finale, si chiude per ora la roboante avventura di WandaVision che, per via dell’esplosione della pandemia, ha avuto l’arduo compito di lanciare la cosiddetta Fase 4 del MCU all’interno della galassia Disney+. L’indagine sulle conseguenze che Avengers: Endgame e più in generale della Saga dell’Infinito hanno avuto su Wanda Maximoff non è però soltanto la premiere di un nuovo ciclo supereroistico, ma soprattutto un importante turning point produttivo e strategico nell’era dello streaming.
La domanda che lo spettatore è invitato a farsi durante la visione: cosa sto guardando? È uno show distribuito in controtendenza rispetto al binge watching, con il rilascio settimanale di un episodio dopo la grande abbuffata iniziale. Ha una durata inconsueta, con i suoi trenta minuti che si pongono a metà strada tra una sit-com e una serialità più impegnata. È un mash-up della tradizione televisiva americana con i suoi stilemi inconfondibili e contemporaneamente un nuovo tassello del mosaico dell’universo cinematografico Marvel.
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Quel che sembrava il semplice adattamento su un nuovo campo da gioco di un franchise che ha rivoluzionato il cinema per come lo conoscevamo, si è rivelato un’operazione di distruzione dall’interno della cosiddetta Peak TV, quell’ammasso indistinto di contenuti oggi disponibile in rete che impedisce a chi guarda di scegliere attentamente cosa guardare. Ha contribuito sicuramente la situazione generata da una situazione mondiale surreale e in costante divenire, ma non è un caso che WandaVision abbia calamitato un numero sconcertante di spettatori, tale da mandare in più occasioni in crash Disney+.
Non era successo con The Mandalorian (a cui bisogna riconoscere il merito di aver tracciato un importante solco nell’ecosistema produttivo della Disney), non era successo con Mulan, non è avvenuto nemmeno con qualcosa di totalmente originale come Soul, ma con una narrazione che prometteva di trasportarci in un futuro saldamente ancorato ad un robusto passato.
Insomma addio oceano sconfinato, benvenuta enorme area costellata di proprietà intellettuali ampiamente riconoscibili e abbondantemente testate da esplorare in tutte le direzioni possibili. È la canonizzazione ufficiale della nostalgia, genere produttivo che a cascata sta occupando i pensieri di buona parte di player e case di produzione sparse per il mondo. Amazon Prime Video è occupata con la produzione di una serie su Il Signore degli Anelli, HBO Max sta per lanciare Justice League: Director’s Cut, la stessa Disney durante l’Investor Day 2020 ha annunciato una mole importante di progetti legati a Star Wars, Indiana Jones e appunto il MCU.
WandaVision è solo la punta scintillante dell’iceberg, con la sua metariflessione sapientemente diluita nel mondo dei supereroi. Più che prepararci all’arrivo di Doctor Strange in the Multiverse of Madness, Black Widow e The Falcon and the Winter Soldier, la serie tv creata da Jac Schaeffer ci porta a riflettere sul futuro stesso di contenuti multimediali a rischio appiattimento culturale.
Ci chiuderemo in Westview e riplasmeremo il mondo a immagine e somiglianza di ciò che ci è stato a cuore in passato o squarceremo la barriera che lo circonda per progredire nel futuro con una consapevolezza nuova?