Westworld 3 recensione terza stagione della serie TV di Lisa Joy e Jonathan Nolan con Evan Rachel Wood, Thandie Newton, Jeffrey Wright, Tessa Thompson, Aaron Paul, Vincent Cassel e Ed Harris
In che direzione muoversi dopo aver fatto gridare al capolavoro e successivamente aver perso apparentemente la bussola? Il cambio di registro compiuto dalla terza stagione di Westworld è abbastanza netto. Se la narrazione continua ad essere non esattamente lineare, in Westworld 3 – The New World non ci sono porte da aprire o labirinti di cui trovare l’uscita quanto stabilire schieramenti, attori e armi di un conflitto che si preannuncia definitivo tra umani e androidi.
Il gioco delle parti ruota sempre intorno alla non più candida Dolores Abernathy (Evan Rachel Wood) e al suo violento desiderio di sterminio della razza umana insinuandosi nelle sue pieghe. A supportarla stavolta ci sarà Caleb (Aaron Paul), personaggio talmente misterioso nei primi 4 episodi da risultare insipido e momentaneamente relegato al ruolo di spalla con cartucce da sparare più avanti. A metterle i bastoni tra le ruote ritornano Maeve (Thandie Newton) e Bernard (Jeffrey Wright), con l’aggiunta di Serac (Vincent Cassel) nel ruolo della nuova interferenza capace di far saltare il banco.
Sullo sfondo, nonostante il malinconico ritorno del parco a tema visto nelle prime due stagioni, c’è un mondo reale in cui il valore dei dati raccolti spiando visitatori supera di gran lunga quello di qualsiasi altra valuta. La possibilità di plasmare il futuro passa per il controllo e lo sfruttamento di database contenenti l’ABC dell’umanità stessa, soprattutto se un’androide dalle sembianze angeliche ne prevede la distruzione. Il campo di battaglia si sposta quindi apparentemente dalla conquista dell’agognata libertà alla possibilità di poterne usufruire per decidere non solo del proprio destino, ma anche di quello altrui.
C’è qualcosa che però, a prescindere dalla visione parziale dei primi quattro episodi, non torna. Se con le prime due stagioni creatori e sceneggiatori avevano scelto di battere il sentiero del prodotto destinato a spettatori non casuali e pronti a mettere insieme i pezzi, nel momento in cui bisogna affilare i coltelli per arrivare al sodo, l’abbandono della dimensione ideale del parco in cui tutto è concesso in favore della realtà che ne ha permesso l’esistenza non sembra altrettanto appagante. Lo scarto tra Westworld e il suo Realworld non viene colmato da un progresso tecnologico necessario e un registro visivo che si culla delle vette delle precedenti stagioni. Quello che viene presentato altro non è che una logica premessa e niente di più.
Quattro episodi su un totale di otto rappresentano una corposa parte del progetto e dovrebbero offrire allo spettatore, se non un quadro più o meno chiaro – nel caso specifico da un prodotto come Westworld non è la prima cosa che si aspetti – c’è bisogno almeno di un motivo per cui continuare a credere nel nuovo mondo che ci viene presentato e che deve essere costruito episodio dopo episodio. E se la promessa di avere qualcosa di veramente succoso tra le mani stenta ad arrivare, il rischio di non riuscire portare a termine la corsa pur avendola preparata al meglio incombe.
Sia chiaro, non vediamo tutto negativo. Rimane però la sensazione di avere davanti qualcosa che non riesce ad esprimersi al massimo delle sue possibilità e che magari, a fronte di altri quattro episodi da stropicciarsi gli occhi, potrebbe rimanerne danneggiato.
Con la viva speranza di essere completamente smentiti, Westworld 3 – The New World sarà disponibile a partire da lunedì 16 marzo alle 3 del mattino in versione originale sottotitolata per gli abbonati Sky e Now TV. Per la versione doppiata in italiano bisognerà invece aspettare la prima serata del lunedì successivo 23 marzo, sempre su Sky Atlantic.