Winning Time: l’ascesa della dinastia dei Lakers recensione serie TV Sky NOW di Adam McKay con John C. Reilly, Jason Clarke, Quincy Isaiah, Solomon Hughes, Jason Segel, Adrien Brody e Sally Field
Dopo il successo ottenuto da The Last Dance, prodotto dal taglio documentaristico che raccontava le gesta di Michael Jordan – e del magico roster dei Chicago Bulls capace di vincere ben sei titoli NBA – targata Netflix ed ESPN, HBO mette in cantiere Winning Time, la serie TV di finzione sulla squadra che ha rappresentato per anni la nemesi sportiva di quella magica squadra di Chicago, una strepitosa dinastia che ha saputo cambiare per sempre la storia del basket e della sua lega, l’NBA, i Lakers di Magic Johnson e Kareem Abdul-Jabbar.
La serie Winning Time: l’ascesa della dinastia dei Lakers, prodotta da HBO, in Italia viene distribuita da Sky su Sky Atlantic e NOW. Quello che ne traspare è un prodotto con un alto valore artistico che riesce sapientemente a miscelare il racconto puramente romanzato, che gravita intorno alla storia personale dei suoi protagonisti e comprimari, a inserti simil documentaristici che, invece, permettono di capire con sguardo più preciso e attento le intuizioni che hanno portato i Lakers, da mediocre squadra in una Lega abbastanza bistrattata, a vera e propria dinastia sportiva collocata nel campionato più famoso al mondo.
Com’è, quindi, intuibile dal titolo, la storia narra l’ascesa nell’olimpo della pallacanestro dei Lakers, negli anni 80, una squadra che ha saputo dominare gli avversari, sia sul parquet, sia fuori dal campo, divenendo perfino un vero e proprio status sociale, un marchio da associare alla gloria ed al prestigio. Da subito ci viene presentato il fautore di questa impresa sportiva ed economica: il Dr. Jerry Buss. Quest’ultimo ci viene proposto come principale narratore delle vicende a cui stiamo assistendo, partendo da un’idea: comprare i Los Angeles Lakers e portarli sul tetto del mondo, iniziando, dunque, dall’acquisizione di una delle più grandi promesse del basket non professionista, Earvin Johnson Jr., alias Magic Johnson.
A capo del progetto artistico ritroviamo un regista che della commistione tra fiction e documentary ha saputo fare il suo marchio di fabbrica. La partecipazione di Adam McKay è evidente fin da subito, con intere sequenze che richiamano fortemente ad uno dei suoi prodotti più riusciti ed apprezzati La grande scommessa. Soprattutto, nella prima puntata, diretta dallo stesso regista, la sua impronta artistica è fortemente riconoscibile, una narrazione scandita da rapidi montaggi alternati, personaggi che parlano in camera e descrivono allo spettatore i dettagli più complessi di quello che sta accadendo e, infine, la fine ironia che caratterizza tutti i lavori di McKay. La fotografia restituisce l’idea dell’ambientazione anni ’80, caratterizzata da colori filigranati e alcuni inserti a richiamare il tipico stampo del VHS. Tutto questo porta Winning Time ad essere uno dei prodotti più interessanti di quest’anno, almeno dal punto di vista seriale.
Dalla seconda puntata l’impianto artistico risulta leggermente impoverito rispetto allo spumeggiante pilot, la linea artistica rimane sulla scia di quanto visto precedentemente ma le intuizioni registiche e di montaggio sono meno presenti, nonostante si configurino come di altissimo livello, lasciando comunque spazio ad un costrutto narrativo notevole, al quale molti prodotti della scuderia HBO ci hanno abituato.
La serie presenta, inoltre, un cast ricco e variegato, partendo da un John C. Reilly (che interpreta il Dr. Buss) in forma smagliante, l’attore statunitense fa da collante negli avvenimenti a cui assistiamo a schermo, la sua voce è la principale linea di narrazione e la sua prova attoriale è sempre convincente e di primo livello. Accanto a lui si avvicendano le linee narrative dei diversi giocatori e tecnici che andranno a formare il dream team che tutti gli appassionati di NBA conoscono bene, Quincy Isaac è bravissimo nel delineare un Magic Johnson agli albori, prima che diventasse uno dei più grandi giocatori a solcare il parquet del The Forum – allora stadio dei Lakers, prima di trasferirsi alla Crypto Arena -. Magic appare sicuro di sé fuori e dentro il campo, ma la sua sicurezza spesso lo fa sbattere contro le durezze di uno spogliatoio che non permette al primo arrivato di prendersi il centro della scena. I principali compagni di squadra che vediamo gravitare intorno a lui sono Kareem Abdul-Jabbar – interpretato da Solomon Hughes – e Norm Nixon – interpretato da DeVaughn Nixon – il primo burbera celebrità assoluta che sembra aver perso ogni forma di interesse nella competizione mentre il secondo, principale playmaker della squadra, carico di un sentimento di rivalità e sfida nei confronti di Magic che sembra voler minare la titolarità di quest’ultimo.
Menzione d’onore, inoltre, per Jason Clarke, che nei panni di Jerry West tira fuori dal cilindro una interpretazione straordinaria, un accorato dirigente dei Lakers, ex stella del basket, che, nonostante i modi aggressivi e irruenti, cerca in ogni modo di fare il bene della squadra a cui è da sempre legato.
HBO si conferma garanzia di qualità, la serie Winning Time: l’ascesa della dinastia dei Lakers sorprende sia per impianto artistico, che vede nella sua realizzazione un assoluto punto di forza, sia per l’intreccio narrativo, che permette di godere appieno della serie anche a chi di basket interessa poco. La fotografia è estremamente curata e ricercata, così come il sapiente gioco sul montaggio alternato, che scandisce la quasi totalità degli episodi.