Witch Hunt recensione film di Elle Callahan con Gideon Adlon, Abigail Cowen, Elizabeth Mitchell, Echo Campbell, Lulu Antariksa e Ashley Bell
Secondo lungometraggio della regista Elle Callahan, Witch Hunt riscrive la figura delle streghe per raccontare l’America di oggi, fortemente percorsa da misoginia e discriminazione.
In un presente simile al nostro, le streghe e la magia esistono davvero e sono temute e cacciate dal governo, che scaglia contro di loro il BWI, il Bureau of Witchcraft Investigation. Claire (Gideon Adlon) è un’adolescente che vive con la madre e i suoi fratelli gemelli minori in una cittadina vicina al confine con il Messico. Il muro che separa gli USA dal Messico è anche l’ultimo ostacolo da superare per una strega per avere la libertà e restare in vita. La famiglia di Claire aiuta segretamente le streghe a scappare, grazie anche a una rete di alleanze con altre persone. Le ultime fuggiasche sono le sorelle Fiona (Abigail Cowen) e Shae (Echo Campbell), che hanno perso la madre, bruciata viva sul rogo. Il loro arrivo scatenerà una serie di eventi inspiegabili e porterà Claire a porsi domande sulla sua identità e su qualcosa che è sempre stato dormiente dentro di lei.
Nell’arco di 93 minuti la regista realizza un film che è un piccolo gioiello, in cui la tensione e la minaccia sono mantenuti alti e scorrono come un fiume sotterraneo per l’intera durata della narrazione. Il mondo in cui Claire e gli altri personaggi vivono non è poi così distante dal nostro, in cui misoginia, discriminazione e superstizione hanno plasmato la società. La caccia alle streghe è più attuale che mai e basta il minimo sospetto per finire sul rogo.
A essere colpite sono le donne, spesso prese di mira anche solo per l’aspetto fisico: capelli rossi, nei sospetti diventano tutti segni del male e di stregoneria, indizi – assolutamente inaffidabili – a cui i cacciatori di streghe si appellano per emettere una condanna. Nel film si intrecciano ottimamente elementi scientifici (l’uso del barometro per individuare la magia, perché creatrice di vuoti di pressione) con elementi tipici della tradizione della caccia alle streghe, con tanto di test, spargimento del sale per contrastare la magia e metodi di tortura medievali. In questo clima di forte ostilità, una rete sotterranea di aiuti permette alle streghe di fuggire oltre il confine, in Messico, dove la magia è accettata e incoraggiata. Questo è un compito che la famiglia di Claire porta avanti da molto tempo, eludendo la sorveglianza del BWI e dei suoi emissari.
Nonostante ne riconosca l’importanza, la missione della sua famiglia interferisce con la vita sociale di Claire, impedendole di frequentare le amiche e obbligandola a mentire loro. La sua frustrazione aumenta quando le due sorelle Fiona e Shae arrivano e la ragazza comincia a essere perseguitata da inquietanti visioni e sogni premonitori. Ma la sua diffidenza viene a poco poco scalfita da Fiona e dalla sua magia e le permette di accettare parti di sé che fino a quel momento non si erano mai risvegliate. In questo senso, Witch Hunt è un racconto di formazione, che vede il risveglio di una coscienza magica e femminile grazie alla compassione e a un’amicizia che accomuna due adolescenti non così diverse. La reference ad altre due “streghe” come Thelma e Louise dell’omonimo film accentua ancora di più il sottotesto della pellicola: si è streghe non perché si pratica la magia, lo si è quando si esce fuori dai canoni stabiliti da un mondo misogino e patriarcale, quando ci si ribella e si lotta per avere libertà e uguaglianza. Essere strega non dipende dai geni, dal sangue, ma dalla capacità di sognare e creare un mondo diverso, in cui compassione e accettazione dell’altro sono alla base di tutto.
Unica nota dolente è la mancanza di personaggi appartenenti a minoranze discriminate. Un aspetto irrealistico e poco in linea con il messaggio della pellicola, perché la lotta contro il modello maschile dominante dovrebbe riunire tutte le streghe di qualunque etnia, orientamento sessuale o identità di genere.