Wonder Woman 1984 recensione film di Patty Jenkins con Gal Gadot, Chris Pine, Pedro Pascal, Kristen Wiig, Robin Wright, Connie Nielsen e Lilly Aspell
Fai attenzione a quello che desideri.
(Wonder Woman 1984)
Warner Bros. senza mezze misure in questo pazzo e doloroso anno, passando dalla coraggiosa uscita nelle sale di Tenet di Christopher Nolan nel nome dell’unico cinema che conta – quello proiettato sul grande schermo – all’uscita natalizia straight to streaming di Wonder Woman 1984, alfiere di un intero listino 2021 che vedrà una distribuzione in contemporanea in streaming su HBO Max e nei cinema che penalizzerà inevitabilmente e brutalmente questi ultimi, piegati come molti altri settori dall’annus horribilis appena trascorso che non mostra ancora all’orizzonte prospettive concrete di tempi migliori.
Wonder Woman 1984 rivisita curiosamente il mito della lampada perduta di Aladino attraverso una pietra dei sogni generata da un malvagio dio della menzogna, che realizza qualsiasi desiderio pretendendo tuttavia sempre qualcosa in cambio e privando chi esprime il desiderio della cosa più preziosa che possiede.
Puoi avere solo la verità, e la verità è sufficiente. La verità è bellissima.
(Robin Wright a Lilly Aspell in Wonder Woman 1984)
In ossequio alle mode del momento, il sequel di uno dei migliori capitoli del DC Extended Universe si immerge negli Anni ’80, con un’ambientazione tuttavia abbastanza vaga e poco incisiva, sia ai fini della trama che soprattutto dell’intrattenimento, se non fosse per le sortite del teleimbonitore Maxwell Lord, interpretato dal Mandaloriano Pedro Pascal che ruba la scena con il suo villain folle, disperato ma profondamente umano.
Da contraltare, la nostra principesca Gal Gadot sembra tornare indietro alla mediocrità di Justice League che ha investito anche la sua Diana Prince, che ritroviamo col cuore inaridito dalla nostalgia per l’unico grande amore (Steve Trevor, interpretato da Chris Pine), meno protagonista di quanto ci si attenderebbe e quasi oscurata dagli ottimi villain interpretati da Pedro Pascal e Kristen Wiig, che porta sullo schermo l’arcinemica Barbara Minerva alias Cheetah, anche a causa dell’assenza di sequenze action particolarmente memorabili e spettacolari.
Non puoi essere la vincitrice, perché non sei pronta a vincere, e non c’è vergogna in questo.
(Robin Wright a Lilly Aspell in Wonder Woman 1984)
Ne consegue che la Diana Prince più esaltante del sequel diretto da Patty Jenkins sia la giovane Diana interpretata da Lilly Aspell nell’ottimo ed esteso prologo che vede la piccola attrice riprendersi con forza e bravura il ruolo che era già stato suo nel primo film.
La sceneggiatura di Wonder Woman 1984 perde tutti gli autori del precedente capitolo (tra cui Zack Snyder) a favore del trio composto dalla regista Patty Jenkins, dalla leggenda del fumetto Geoff Johns e da Dave Callaham (I mercenari), autori di una storia che ruota in maniera incerta attorno ai concetti di verità assoluta, perdita, desiderio, rinuncia ed amore per il volo – Wonder Woman si riappropria sul grande schermo di uno dei suoi più importanti superpoteri – mettendo in scena un racconto debole e privo di complessità che si traduce rapidamente in un’alternanza di eventi tragicomici ed inseguimenti tra bene e male, privi tuttavia come scritto pocanzi di una dose di spettacolarità sufficiente a far passare in secondo piano le carenze narrative.
Ti amerò per sempre Diana, non importa dove mi troverò.
(Chris Pine a Gal Gadot in Wonder Woman 1984)
Se la debolezza principale dei film supereroistici è la mancanza di villain di spessore – Thanos di Avengers: Infinity War è una delle poche eccezioni – Wonder Woman 1984 va in controtendenza riuscendo a deludere nonostante le ottime prove di Pedro Pascal e Kristen Wiig, proponendo una storia anacronistica rispetto all’ultimo decennio dei cinecomics, scarse emozioni e poca azione degna di nota, plasmata da effetti speciali sicuramente inferiori al primo Wonder Woman, non tanto per il chiacchierato character design di Cheetah quanto per la cura d’insieme, dalla realizzazione del Lazo della Verità ai duelli corpo a corpo, con meno della metà delle società specializzate in effetti speciali coinvolte in questo seguito che non ha visto la partecipazione tra le altre di Weta Digital, Moving Picture Company (MPC), Pixomondo, Universal Production Partners (UPP) e Platige Image coinvolte nella realizzazione del primo Wonder Woman.
La regista di Monster ha dichiarato che non tornerà alla guida di un terzo episodio – invero già annunciato da Warner Bros. che ha confermato le sue wonder women Patty Jenksins e Gal Gadot – che non sia indissolubilmente legato all’uscita nelle sale cinematografiche, tuttavia dopo averci prima stupito e poi deluso, urge che più che al medium l’attenzione ritorni sulla storia per restituire carisma e potenza narrativa ad un’eroina amata da generazioni, come ci ricorda il delizioso cammeo di Lynda Carter nelle vesti dell’eroina delle Amazzoni Asteria.
Dov’è finito il tuo calore, la tua gioia, la tua umanità?
(Gal Gadot a Kristen Wiig in Wonder Woman 1984)