X-Men: Dark Phoenix: la recensione del film di Simon Kinberg con Sophie Turner, James McAvoy, Michael Fassbender, Jennifer Lawrence e Jessica Chastain
C’è un tema su cui i protagonisti del cast hanno insistito molto, durante la conferenza stampa di presentazione dell’ultimo capitolo della saga cinematografica targata Fox riguardante i mutanti: la famiglia. X-Men: Dark Phoenix non è infatti semplicemente un altro film con buoni e cattivi infarciti di superpoteri che se le danno di santa ragione, è una celebrazione della più potente forma di aggregazione che l’essere umano conosca.
Attenzione, quando si parla di famiglia non si fa riferimento al concetto sempre più bistrattato della propaganda politica attuale. Il regista Simon Kinberg ha racchiuso nella struttura in tre atti un’idea permeata di amore che deve fare i conti con le esperienze del lutto, del trauma e della rabbia. Le performance dell’intero cast vengono ispirate in continuazione da questo, rendendo l’aspetto supereroistico a volte del tutto marginale.
Non è un caso poi che il centro di gravità dell’intero film sia Sophie Turner, la fenice oscura del titolo. Sembrerebbe il classico ammiccamento per ingraziarsi la critica e mettersi in scia delle rivendicazioni femministe, ma in questo caso non c’è pericolo. Come ha ribadito Jessica Chastain, nei panni del vero nemico del film, è il pubblico che determina la direzione della narrazione ed è compito dei produttori tenerne conto.
Se da un lato la carica eversiva del franchise sembra aver perso parecchio smalto rispetto ai picchi del passato, il canto del cigno degli amati mutanti è un onesto punto di sospensione in attesa di capire cosa possa riservare il futuro. Forse perché è l’unico che non deve fare i conti con cliffhanger, ganci e sequel, forse perché rispetta il genere e lo stile ma preferisce guardare altrove.
Non è sbagliato dire infatti che, fatta eccezione per Logan, questo sia uno dei film con al centro gli X-men più intimo. Il male, prima di manifestarsi sotto forma di invasione aliena, scaturisce dalle mancanze nei rapporti interpersonali, scatenando un effetto domino che rende necessaria una riflessione sulla natura dei legami stabiliti fino a questo momento.
Se insomma non avessero subito una mutazione genetica, se non ci fossero tutine e astronavi, potrebbe essere considerata come una commedia a pieno titolo, una delle tante che si vedono in giro. A salvarlo dalla media, per fortuna, c’è la celebre X.