Yuni recensione film di Kamila Andini con Arawinda Kirana, Kevin Ardilova, Dimas Aditya, Marissa Anita, Asmara Abigail e Muhammad Khan
La varietà di Paesi presenti nella Selezione Ufficiale della 16° edizione della Festa del Cinema di Roma è la prova di un’industria fortemente occidentalizzata che finalmente si sta aprendo anche in direzione di nazioni raramente associati al cinema. Uno di questi è l’Indonesia, dal quale arriva Yuni, film di Kamila Andini.
Come spesso accade con opere cinematografiche dal budget molto contenuto, si cerca sempre di raccontare storie “semplici”, con le quali molti hanno la possibilità di identificarsi. In questo caso, la pellicola segue le vicende di Yuni (Arawinda Kirana), un’adolescente sull’orlo della maggiore età che si ritrova ad avere diverse proposte di matrimonio da individui per lo più a lei estranei, magari vecchi amici di famiglia o parenti alla lontana.
Una superstizione vuole che, se una donna rifiuta più di due proposte di matrimonio, allora non si sposerà più per il resto della vita. Quindi, da un lato troviamo questa giovane donna che vuole solo vivere una vita da normale adolescente quale è, con gli amori passeggeri e le chiacchiere tra amiche, mentre dall’altra si impone una condizione sociale fortemente legata alla tradizione.
La serpe che si annida per tutta la durata della pellicola è la visione occidentale della “corretta femminilità” e del liberalismo più marcato, rappresentato da social, tendenze, mode e atteggiamenti che stridono con le usanze del luogo. Ciò che viene maggiormente esaltato non è tanto la possibilità di scegliere e di vivere la propria vita nel modo che si preferisce, quanto la vera e propria invasione socio-culturale causata dai processi di globalizzazione, che hanno iniziato ad appianare le differenze in favore di un’unificazione abbastanza controversa. Con ciò non si intende che, se da una parte esistono condizioni che recano sofferenza a degli individui, la situazione debba restare immutata solo perché fa parte del retaggio culturale di una comunità, ma è quanto più un monito a non puntare tutto sulla “terra promessa”, perché da lontano l’erba del vicino sembra sempre più verde, ma da vicino l’opinione potrebbe velocemente cambiare.
Yuni a livello visivo è un film onesto, che non cerca di fare più di quanto non riesca. Anzi, probabilmente si crogiola troppo a lungo nella sua zona di conforto, senza prendere mai una vera e propria iniziativa o un rischio. Anche nella messa in scena degli eventi non riesce a convincere, mostrandoci questa storia in modo distaccato, senza inoltrarsi realmente nel caos emozionale che sta provando la ragazza. Questo trattamento porta a una distanza che, inevitabilmente, lascia freddi quando si arriva al finale.