Zack Snyder’s Justice League rende giustizia alla visione originale di Zack Snyder con la sua Snyder Cut. Ne parliamo nella rubrica Multiverse of MadMass
Justice League nella versione di Zack Snyder: è senza dubbio il caso mediatico dell’anno. E siamo solo a marzo.
Che piaccia o meno, la director’s cut di Justice League distribuita da HBO Max e distribuita in Italia su Sky è uscita a dispetto di ogni previsione: e a niente serve sbertucciare la presunta autorialità di Snyder e il suo diritto a rimaneggiare il materiale, perché in poche ore il film ha mandato in crash i sistemi di streaming.
Di baffi e rivoluzioni
Era il 2017, e la Warner rincorreva affannosamente i Marvel Studios così come la DC Comics rincorre da anni la Marvel. Il film culmine di un quasi percorso, formato da L’uomo d’acciaio e da Batman v Superman del buon Zack, nonché di Wonder Woman scritto da Snyder ma girato da Patty Jenkins e dal mediocre Aquaman firmato da James Wan (bravo nell’horror ma un pesce fuor d’acqua nei cinecomics), era ovviamente Justice League, opera sulla squadra formata dai singoli eroi. Dietro la macchina da presa c’era ovviamente lui, che purtroppo fu funestato da un lutto devastante che lo costrinse ad abbandonare il progetto: per questo, a salvare capra e cavoli alle alte sfere Warner sembrò opportuno chiamare Joss Whedon, bravo autore di fumetti nonché artefice del successo stratosferico di Avengers.
Peccato che montare il materiale altrui è un’impresa da far tremare i polsi, perciò il risultato quasi scontato fu quel film pessimo che oggi ricordiamo semplicemente come Justice League. Non pieno di errori, ma proprio sbagliato in tutto: dal concept iniziale fino al ritmo delle sequenze, andando dritti ai baffi rimossi di Henry Cavill – a quel tempo impegnato su un altro set dove erano richiesti i suoi mustacchi corvini.
Da quel momento, il popolo del web insorse richiedendo a gran voce la versione originale del regista: un sogno, anzi una chimera che non sembrava possibile neanche a chi quella richiesta la avanzava al grido #ReleaseTheSnyderCut.
Ma col passare del tempo, la rivolta partita dal basso ha lentamente rivelato l’esistenza della vagheggiata director’s cut, fino a spingere la produzione a rilasciare altro budget per far completare all’autore originale la sua versione di un film nato male.
Basta aprire un qualunque social per capire l’effetto del film: finita l’onda anomala causata da WandaVision, è questa Zack Snyder’s Justice League a tenere banco in ogni post. E sinceramente fa anche un po’ ridere leggere chi si accanisce contro Snyder, chi rifiuta di dare alcun tipo di dignità all’opera, chi a priori la detesta e chi invece a priori la ama. Suscitando paradossalmente il clamore e assegnando lo status di cult proprio all’oggetto a chi si vorrebbe negare tutto ciò.
Sgomberando il campo da ogni tipo di equivoco, va puntualizzato che il film non va inquadrato con assolutismo, e giudicato tenendo bene presente la distanza con l’opera “fake” ma anche che ovviamente questa non è la versione originariamente pensata dal suo autore, ma ciò che l’autore stesso ha potuto (ri)montare a distanza di quattro anni.
Senza dimenticare l’essenza di Zack Snyder’s Justice League: un cinecomic. Che deriva da un fumetto.
Who’s Who
La Justice League è l’antesignana di ogni gruppo di superesseri. Ugualmente al fraintendimento su Thanos e Darkseid (nonostante il primo sia più famoso del secondo, è il Tiranno di Apokalips ideato da Jack Kirby nel 1970 su Superman’s Pal Jimmy Olsen #134 ad aver ispirato Jim Starlin nel creare il Titano Pazzo su Iron Man #55 del 1973), è stato il successo del gruppo formato dalla Trinità Profana Superman, Batman e Wonder Woman ad aver dato la suggestione a Martin Goodman per creare il suo dream team all’interno della Marvel.
E similmente agli Avengers, anche la Lega della Giustizia è un po’ la spina dorsale della DC Comics, la serie sulla quale e dalla quale partono i grandi eventi, cartina di tornasole per approfondire gli aspetti del DC Universe. Perché se il motto della Marvel, supereroi con superproblemi, riporta i suoi protagonisti ad una dimensione umana, nella casa editrice dell’Uomo d’Acciaio il processo è inverso.
Se Spider-Man è in realtà un adolescente complessato, Superman è un vero e proprio dio; dove Capitan America è un mingherlino sghembo che vuole diventare migliore, Wonder Woman è una dea. Insomma: dove a Park Avenue gli eroi sono eroi loro malgrado e sono persone comuni che si trovano a diventare divini, alla DC Comics vivono esseri semidivini che devono fare i conti con la loro umanità.
Anche Batman, il più umano di loro, è un monolite la cui identità segreta è Bruce Wayne, un’ombra oscura dalla valenza iconica che usa il suo alter ego per nascondere una psicopatologia sbizzarrita. È forse per questo che l’interpretazione di Ben Affleck risulta così convincente, epurata da ogni emotività e fissa in un digrignio di denti perpetuo.
L’epos della DC Comics è insomma un pantheon oscuro, perennemente sull’orlo della crisi -almeno dal 1982, anno in cui Crisis on Infinite Earths di Marv Wolfman diede il via a periodici reboot e periodici stermini -, costruito su guerre eterne e divinità infuriate: non è un caso se alcuni tra i maggiori successi della casa editrice, pubblicati sotto l’etichetta Vertigo, siano vere e proprie icone mitologiche, come Sandman, il dio del sogno protagonista di una splendida serie-capolavoro scritta da Neil Gaiman (che a breve diventerà una serie Netflix); o proprio Nuovi Dei, come il Mister Miracle al centro di una splendida mini di 12 numeri ad opera di Tom King.
È un passaggio fondamentale, questo: il fatto che alla DC vivano solo dei.
Un film maestoso e oscuro come Apokalips
Perché è per questo che la Zack Snyder’s Justice League è vincente, sicuramente contro la precedente versione, ma in assoluto come buon film all’interno del suo genere: perché Snyder, con i suoi ralenti, con i suoi paesaggi visionari, con la sua capacità di padroneggiare la computer grafica e asservirla alla narrazione, è fino ad oggi l’unico regista ad aver capito l’essenza di questi eroi e averla trasposta in film.
Un film iperbolico come gli esseri che lo popolano: quattro ore di spettacolo che non pesano un grammo. La leggerezza che Zack sa dare alla sua action è in questo caso sintomatica e perfettamente calzante con il contenitore: solo scegliendo questa via si sarebbe potuta montare un’opera monstre che mai e poi mai avrebbe potuto vedere la luce in una sala.
E proprio per questo, la sua Zack Snyder’s Justice League è anche la sua opera migliore, che supera di gran lunga Sucker Punch (inguardabile minestrone in salsa moderna) così come Batman v Superman (che va fuori controllo nel tirare le somme), ma che invece ritrova l’ispirazione del suo Watchmen, tratto da Alan Moore e tanto vituperato all’uscita quanto invece giustamente rivalutato poi.
Certo, resta l’interrogativo sul perché la Warner non faccia come la Marvel, prendendo delle storie già esistenti dalla sua vasta (ma per la verità confusionaria) continuity e cominci a costruire: preferendo invece procedere a macchia di leopardo, con film stand alone pur buoni (come Shazam) ma senza porre delle fondamenta solide su cui costruire.
Zack Snyder’s Justice League è un’avventura cupa e avvolgente, che trova il giusto respiro quando mette sullo sfondo i suoi totem – Batman, Wonder Woman e Superman – e recupera il ritmo per i personaggi minori, Flash (peccato solo per il miscasting su Ezra Miller) e Cyborg (il fuoriuscito Ray Fisher), che infatti sono il motore emotivo della storia e coloro che prenderanno sulle loro spalle la risoluzione della battaglia finale con Steppenwolf.
Tutto il resto fa da contorno, ma non inerte: vicoli scuri, villain più o meno centrati (Desaad è perfetto, Darkseid allettante, solo Steppenwolf – personaggio originale solo in parte ispirato vagamente al Gog di Kingdom Come di Mark Waid e Alex Ross – è fuori fuoco), e una costruzione drammaturgica che si lega impercettibilmente ma inesorabilmente con i precedenti Man of Steel e Batman v Superman. E che promette oltretutto un futuro distopico molto più interessante dell’oscuro presente: pesa sulle spalle di un Joker “normalizzato” da Jared Leto che vince quando smette di scimmiottare malamente Heath Ledger la visione che occupa buona parte del primo finale del film. Una visione che porta là dove Snyder avrebbe condotto il suo universo di eroi, attraverso una trilogia che per adesso è stata negata dalla Warner.
Ma un nuovo hashtag si profila all’orizzonte: e chissà che #RestoreTheSnyderVerse possa fare anche stavolta il miracolo.