Żeby nie było śladów (Leave no Traces) recensione film di Jan P. Matuszyński con Tomasz Ziętek, Sandra Korzeniak, Jacek Braciak e Robert Więckiewicz
In un’epoca attraversata da un profondo dibattito sul concetto di verità e le minacce ed esso collegate, assistere alla proiezione di Żeby nie było śladów (Leave no Traces) è molto problematico. La storia giudiziaria che nasce in seguito all’assassinio di Grzegorz Przemyk per mano dei soldati del regime comunista in Polonia è un’angosciante esplorazione della perversione che diventa sistema quando vengono a mancare i diritti fondamentali dell’uomo. Jan P. Matuszyński inverte a tal proposito la struttura classica del thriller mettendo subito in chiaro che il colpevole non è un uomo, ma una visione del mondo.
Sembra infatti diffusa, tanto in Polonia che altrove, la pratica di picchiare a morte dei ragazzi nei luoghi in cui dovrebbe essere difeso il diritto alla vita. Pietre d’inciampo di un potere che trova legittimazione nella paura e nella violenza, costringendo innocenti ad ammettere crimini mai commessi, affamando famiglie e mettendo a tacere anche il minimo dubbio. Il film del regista polacco non ha alcuna intenzione di soccombere alla sofisticazione della verità e si concentra sullo svelamento di trame, pratiche e ragionamenti alla base di un metodo “internazionale” e violento.
Il raccapricciante viaggio nelle bassezze che l’uomo può commettere per nascondere le proprie tracce e farla franca sembra non avere fine nel corso delle quasi tre ore del film. Una serie di abissi concentrici generati dalla morte scuotono, abbattono, deprimono la fiducia nel potere costituito senza alcuna possibilità di rimediare. L’umano viene spazzato via in nome di bene superiore da proteggere ad ogni costo e chi vuole preservarlo deve essere pronto a un atto di fede laica verso la verità.
Żeby nie było śladów (Leave no Traces) costituisce un interessante sguardo alle complessità strutturale della situazione politica in Polonia negli anni Ottanta e contemporaneamente un cupo reminder del fatto che, cambiando anche solo area geografica e periodo storico, la soluzione all’abuso di potere che diventa prima prassi e poi legge non è ancora stata trovata. Il prezzo della resistenza a tutto questo è proibitivo ma il cinema può partecipare alle spese e spianare la strada per il futuro, soprattutto da un palcoscenico come quello della Mostra del Cinema di Venezia.